EMA e psichedelici

La bozza delle nuove linee guida sul trattamento della depressione maggiore in Europa

La EMA (L’Agenzia Europea per i Medicinali) ha pubblicato la bozza per le nuove linee guida sul trattamento della depressione maggiore.

La grande novità è che è stato incluso anche un piccolo paragrafo sugli psichedelici, giusto poco più di una pagina.

Nonostante la brevità vengono dette tante cose importanti e vengono affrontate anche le numerose limitazioni dei vari studi e trials clinici con gli psichedelici.

Il fatto che l’EMA riconosca l’ascesa degli pischedelici come potenziale trattamento di varie patologie, tra cui la depressione, è sicuramente un passo avanti.

Considerando che MAPS ha appena pubblicato i risultati del suo studio di fase 3 con MDMA per il PTSD e si sta avvicinando rapidamente all’approvazione dell’FDA, era più che opportuno che anche l’agenzia europea facesse capolino nel mondo degli psichedelici.

Cautela è la parola d’ordine per l’EMA, e dire che ci va con i piedi di piombo è dir poco.

Innanzitutto precisa che i meccanismi di azione di queste sostanze sono ancora da definire in maniera appropriata per l’utilizzo in un contesto terapeutico, e che alcuni eventi avversi (tra cui ideazione suicidiaria e problemi cardiovascolari come valvulopatie e ipertensione) necessitano di estensivi approfondimenti.

Vengono poi elencate tutte le difficoltà nello svolgere trials clinici adeguati da un punto di vista di disegno e di interpretazione statistica:

  • sicuramente l’impossibilità di poter disegnare uno studio al 100% in doppio cieco, dato che paziente e ricercatore si accorgono benissimo se è stato somministrato uno psichedelico o un placebo;

  • bias dovuti all’aspettativa positiva ma anche negativa sul trattamento ricevuto, che possono portare a peggioramento dei sintomi o problemi di sicurezza (il cosiddetto effetto nocebo, ossia un evento psicosomatico negativo dovuto a scarsa fiducia nella terapia - a maggior ragione se ti accorgi che stai prendendo un placebo e non il farmaco);

  • il fatto che non è stata delineata con precisione la correlazione dose-effetto, perché non ci sono studi validati che osservano la variabilità di effetti tra multipli dosaggi;

  • non c’è ancora prova di un’efficacia sul lungo periodo di questi trattamenti, per il semplice motivo che gli studi svolti sono quasi tutti recenti e non hanno ancora un follow up adeguato;

  • non sono state studiate le interazioni degli psichedelici con altri farmaci, i rarissimi studi fatti finora a riguardo sono stati su campioni molto piccoli di pazienti e quindi, considerando anche i possibili effetti collaterali, la somministrazione di psichedelici richiede al momento un ambiente medico e sicuro, che può essere dispendioso sia in termini economici che di tempo;

  • infine la questione della psicoterapia sì o psicoterapia no, se serve, se il risultato terapeutico ne è indipendente o dipendente, quale protocollo utilizzare, come educare i professionisti sanitari, come standardizzare il tutto.

Insomma, una bella gatta da pelare.

I dubbi non si limitano però all’Europa. Infatti anche in Australia (dove la terapia con psichedelici è legale dallo scorso luglio), ci sono ricercatori che esitano nell’accogliere a braccia aperte gli psichedelici nella pratica clinica, proprio perché ci sono numerose falle nelle ricerche pubblicate, pochi pazienti arruolati, follow up brevi, effetti collaterali inaspettati.

La Monash University di Melbourne (che detiene un posto privilegiato nel mio cuore dato che ci ho passato metà del mio quinto anno di medicina), ha pubblicato un articolo interessante in cui vengono riportate alcune interviste fatte a politici e rappresentanti medici australiani coinvolti nella legalizzazione della terapia psichedelica.

I tre principali problemi emersi dalle interviste sono stati:

  • necessità di implementare le ricerche;

  • stigma sociale negativo che influenza l’accettazione popolare di una terapia del genere;

  • importanza di educare nella maniera più appropriata gli operatori sanitari e i pazienti, ma anche il pubblico e gli organi dirigenti.

Insomma, tutte obiezioni e dubbi più che legittimi.

Non posso che essere d’accordo sulla cautela ed apprezzo che l’EMA abbia portato sul tavolo della discussione tanti punti così validi e che è decisamente opportuno affrontare nella maniera più scientifica possibile.

Rimane il fatto che i risultati visti finora nella miriade di ricerche in giro per il mondo sono quasi miracolosi in alcuni casi, anche se nessuno è esente da errori o approssimazioni statistiche e concettuali.

Ormai ogni settimana escono articoli e studi a proposito degli psichedelici, si spera che almeno uno di questi riesca nell’arduo intento di avere la botte piena e la moglie ubriaca, risultati rivoluzionari con bias che rasentano l’inesistente.

Alla prossima! 🙂