Psichedelici e disturbo bipolare

La psilocibina nella depressione resistente a trattamento del disturbo bipolare di tipo II

Attenzione, attenzione!

C’è stata una breaking news questa settimana: MAPS ha ufficialmente inviato la richiesta di approvazione della MDMA-AT (MDMA Assisted Therapy) all’FDA, l’agenzia del farmaco statunitense.
Significa che sotto l’albero di Natale troveremo come regalo una ricetta medica per l’ectasy? Chissà, lo scopriremo presto.

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Nell’attesa dei tempi burocratici ti voglio però parlare di questo articolo in cui si studia la somministrazione di psilocibina nella depressione resistente a trattamento del disturbo bipolare di tipo II.

La depressione del disturbo bipolare ha criteri diagnostici leggermente diversi da quelli della depressione maggiore “classica”, e finora non ci sono stati studi sull’utilizzo di psichedelici in questi pazienti.

Aaronson et al. hanno quindi deciso di farsi dare un po’ di psilocibina dalla COMPASS Pathways e ne hanno somministrata 25 mg in singola dose a 15 pazienti, fornendo supporto psicologico e follow up per 12 settimane.

Prima dell’inizio del trial, tutti i partecipanti hanno sospeso l’assunzione delle altre medicine, per evitare che ci potessero essere interazioni con lo psichedelico.
Una decisione non facilmente gestibile in pazienti così complessi, e infatti un paziente si è ritirato dallo studio prima di ricevere la psilocibina perché aveva necessità di riprendere la sua terapia quotidiana.

Nonostante le difficoltà, i risultati sono stati interessanti ed incoraggianti:

  • a 3 settimane dalla somministrazione di psilocibina, la scala MADRS di valutazione dei sintomi depressivi è scesa di ben 24 punti di media rispetto all’inizio del trial;

  • dopo 12 settimane (termine dello studio), 12 pazienti erano in remissione dalla depressione;

  • i valori medi della scala MADRS non hanno subito significative differenze tra la settimana 1, 3 e 12, suggerendo stabilità ed efficacia negli effetti post trattamento.

Parlando di effetti avversi, niente di eclatante è stato registrato, giusto un po’ di mal di testa in 4 pazienti.

Per tutta la durata dello studio, 9 dei 15 partecipanti non hanno avuto necessità di riprendere la loro abituale terapia, mentre 6 hanno ripreso almeno uno dei farmaci che facevano prima della psilocibina.

Questi risultati sono importanti per gettare le basi di futuri studi a riguardo.
Il fatto che la psilocibina sia perfettamente sicura e tollerata è il primo passo per approcciare anche il disturbo bipolare di tipo II.
Se più della metà dei pazienti ha avuto una risposta così favorevole e con soltanto una dose di psilocibina, è opportuno studiare l’argomento più in dettaglio.

Gli autori portano inoltre alcuni dati di varie interviste fatte a pazienti con disturbo bipolare che facevano anche uso di psichedelici: 1/3 segnalava sintomi maniacali, insonnia e ansia; gli altri invece descrivevano minor sintomi depressivi, miglioramento nella processazione delle emozioni, generale mentalità positiva.

C’è sicuramente da capire come mai alcuni hanno risposto così bene mentre altri no, per esempio, quali sono i meccanismi sottostanti? Sono farmacologici? Psicologici?

Una cosa che è stata notata da Aaronson et al. è che è emersa un’associazione tra l’intensità dell’esperienza psichedelica ed il beneficio clinico, nel senso che chi ha avuto un trip un po’ più “floscio”, hanno mostrato anche scarso risultato terapeutico.
Un altro apprfondimento che è opportuno fare in futuro.

Alla prossima! 😉