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Psichedelici e veterani
Dal laboratorio alle cerimonie: due studi, due modi di curare
Oggi addirittura doppio articolo scientifico, perché parlano dello stesso argomento e mi è sembrato interessante analizzarli insieme.
Tra tutte le categorie cliniche su cui si stanno testando gli psichedelici, ce n’è una che riceve particolare attenzione negli Stati Uniti: i veterani. Parliamo di persone che portano sul corpo e nella mente ferite profonde, spesso con diagnosi di depressione resistente, PTSD, ansia, insonnia, sintomi post-commozione cerebrale e difficoltà a reintegrarsi nella vita civile. Il pacchetto completo insomma, purtroppo anche molto diffuso.
Questi due studi si occupano proprio di loro, ma con approcci diversi.
Da una parte, un trial clinico super controllato con una singola dose di psilocibina. Dall’altra, un ritiro psichedelico naturalistico, con ayahuasca o psilocibina.
Due modi molto diversi di cura, senza dubbio.
Il primo studio, firmato Ellis et al., ha arruolato 15 veterani con depressione resistente, e con resistente si intende resistente per davvero: almeno cinque trattamenti falliti o una depressione che dura da più di due anni. Insomma, non proprio casi lievi, quel genere di cartella clinica che pesa più di Guerra e pace.

Hanno ricevuto una singola dose da 25 mg di psilocibina sintetica (COMP360), più tre sessioni di integrazione psicoterapeutica (con altre opzionali, per chi sentiva di averne bisogno). Di questi, 10 hanno completato il follow-up a 12 mesi.
Risultato: i sintomi depressivi sono diminuiti in modo significativo.
A sei mesi, l’80% aveva risposto e la metà era in remissione. A un anno, i numeri si sono abbassati un po’: 40% in risposta, 30% in remissione.
Niente male, considerando la severità della popolazione arruolata. Nessun evento avverso grave, solo qualche mal di testa e un po’ di nausea. Curiosamente, l’esperienza intensa non corrispondeva a un maggior beneficio: quindi no, non serve vedere Dio per sentirsi meglio (ma se capita, salutamelo 🙃).
Il secondo studio, di Calnan et al., ha preso una strada completamente diversa. Hanno seguito 58 veterani che hanno partecipato a ritiri con psilocibina (13 persone) o ayahuasca (45 persone).

I ritiri prevedevano due o tre cerimonie, sessioni di preparazione e integrazione, con un’attenzione particolare alla dimensione comunitaria (e immagino anche qualche abbraccio a fine cerimonia).
Il follow-up è durato solo quattro settimane, ma i miglioramenti sono stati visibili su tutti i fronti: depressione, PTSD, ansia, sonno, benessere mentale, sintomi post-commozione e reintegrazione nella vita civile.
Gli effetti sono stati particolarmente marcati in chi stava peggio all’inizio.
E sorpresa: la psilocibina ha vinto su quasi tutto, tranne che sul PTSD, dove l’ayahuasca si è presa una piccola rivincita.
Le donne hanno risposto meglio sul PTSD, gli uomini su tutto il resto.
È il primo studio ad aver usato anche un questionario specifico per la transizione alla vita civile, ed è migliorato pure quello, quindi non solo meno sintomi, ma più senso di appartenenza.
Certo, non è uno studio perfetto: niente gruppo di controllo, niente placebo, e nessuna informazione meticolosa sulle dosi o sugli eventi avversi. Ma è anche l’unico che si prende la briga di chiedere ai veterani com’è andata dopo, nella vita vera. A tal proposito ti rimando a questo piccolo progetto che ho iniziato qualche settimana fa, a cui tengo molto.
Nel trial clinico, i benefici iniziano a scendere dopo sei mesi. Nel ritiro naturalistico, non sappiamo cosa succede dopo quattro settimane, magari tutto svanisce, magari si consolida. Nessuno dei due studi ci dà una risposta definitiva, ma entrambi in realtà ci dicono la stessa cosa: servono continuità, contesto, struttura. Serve un’idea di cura che duri più di un fine settimana.
Secondo me è questo il punto più importante: non possiamo trattare gli psichedelici come un’aspirina magica, né pensare che basti una bella esperienza per guarire. È una porta, ma ci vuole qualcuno dall’altra parte… meglio se non armato di mille questionari a crocette.
Alla prossima! 😎
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