La voce del paziente

Traccia 1

È con commozione che porto una nuova rubrica su Studio Aegle.

Da quando ho iniziato a occuparmi di medicina psichedelica, mi sono accorta che gran parte del discorso pubblico resta intrappolato fra due estremi: da un lato i numeri, gli studi clinici, le pipeline farmacologiche; dall’altro i racconti dell’esperienza psichedelica in sé, spesso affascinanti ma sospesi, lontani dalla realtà quotidiana della cura.
In tutto questo, rischiamo di dimenticare la voce più importante: quella dei pazienti.

Chi affronta un percorso con gli psichedelici non lo fa per un’esperienza “straordinaria” fine a sé stessa, ma perché cerca sollievo, perché spera di stare meglio. E spesso il vero cambiamento non si vede nei picchi dell’esperienza, ma nelle piccole cose di ogni giorno: un pensiero che si allenta, una relazione che si riapre, un corpo che torna a sentirsi vivo.

Con questa rubrica voglio dare spazio a queste storie: vite reali, persone che hanno attraversato la malattia e hanno trovato nella psichedelia uno strumento di cura. Lo faccio con gratitudine e con rispetto, consapevole del privilegio che è poter custodire e condividere queste testimonianze.

Ecco quindi il primo racconto dalla Svizzera, dove le terapie psichedeliche possono essere somministrate a pazienti che ne fanno richiesta, se rientrano in criteri clinici specifici.
La storia di Nathan (nome di fantasia) è presentata dalla Dott.ssa Virna Signorelli, psicologa e psicoterapeuta ad orientamento sistemico-relazionale, specializzata in EMDR e ipnosi transpersonale.

Nathan è un uomo di 54 anni che nel 2023 ha fatto richiesta per intraprendere un percorso di PAP (Psychedelic Assisted Psychotherapy). In quel momento non era più seguito dal suo psichiatra. Negli ultimi anni era riuscito più volte a interrompere il trattamento antidepressivo per alcuni mesi, ma finiva sempre per riprenderlo. Per circa quindici anni era stato in cura per un disturbo depressivo cronico e ora desiderava smettere definitivamente i farmaci: sia per la distanza emotiva che questi gli provocavano, sia perché sentiva il bisogno di raggiungere finalmente una stabilità senza dipendere dai medicinali e di comprendere davvero l’origine della sua sofferenza.
Nathan è un uomo intelligente e colto, con un’ottima capacità di introspezione, che ricopre un ruolo di grande responsabilità in una banca. Ha divorziato circa otto anni fa, ha due figli adolescenti con cui mantiene un buon rapporto e vive da solo.
Il percorso di PAP è stato composto da una decina di sessioni, tra preparazione e integrazione, e da due viaggi con l’MDMA.

  1. Quali sono i cambiamenti più concreti che hai notato dopo l’esperienza? Anche piccoli: nei pensieri, nel corpo, nelle relazioni, nelle abitudini quotidiane...

“Farei una distinzione tra i cambiamenti a breve termine (quelli avvertiti subito e fino a 6-9 mesi dopo) e quelli a lungo termine. Nel breve periodo ho provato un profondo sollievo e una sorta di euforia. Era come se i pensieri positivi avessero preso il sopravvento, riducendo notevolmente l’angoscia. Sono tornato capace di provare piacere e felicità: piccole cose scatenavano letteralmente ondate di gioia. Ho sentito un recupero di energia davvero considerevole. E soprattutto ho guadagnato molta fiducia in me stesso — forse questo è l’aspetto più importante, ancora oggi presente.”

  1. C’è qualcosa che hai vissuto durante l’esperienza che ti accompagna ancora oggi? Un’immagine, una sensazione, un’intuizione, un modo diverso di sentire o guardare le cose…

“Ripenso spesso al mio primo viaggio. È stata un’esperienza positiva dall’inizio alla fine: un momento di introspezione benevola, attraversato da sentimenti di amore e felicità. Rivedo ancora alcune immagini di quel viaggio. Ho davvero la sensazione di essermi fatto del bene, di essermi regalato una boccata di felicità, i cui effetti si sono protratti per mesi.”

  1. Se dovessi spiegare a qualcuno che non ha mai vissuto niente di simile in che modo quest’esperienza ti ha aiutato, cosa diresti? Senza tecnicismi, a parole tue.

“Posso dire che questa esperienza ha cambiato la mia vita. Oggi guardo i momenti difficili con più distacco e sento di essere riuscito a voltare pagina.

La mia difficoltà, adesso, è che alcune vecchie abitudini stanno tornando. I miei comportamenti distruttivi riaffiorano, anche se riesco a resistere meglio e sono più consapevole di ciò che faccio. Forse avrei bisogno di un richiamo 😊.

È stata l’esperienza più trasformativa della mia vita; in un tempo record, con risultati tangibili.”

Un grazie sincero alla Dott.ssa Virna Signorelli, che ha reso possibile questa testimonianza, e a Nathan, per la disponibilità a condividere un pezzo del suo percorso.
Questa rubrica nasce proprio per questo: dare spazio a chi vive in prima persona la complessità della cura, perché la medicina psichedelica non è solo dati o teoria, ma storie di persone che cercano, ogni giorno, di stare meglio.

È grazie a gesti come questi, la disponibilità di chi cura e di chi si lascia ascoltare, che questa rubrica può esistere. Perché dare voce ai pazienti non è solo un esercizio narrativo: è un modo per riconoscere la loro esperienza come parte centrale della medicina, e per ricordare a tutti noi perché facciamo quello che facciamo.

Alla prossima, con un nuovo articolo scientifico da approfondire! 😎 

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