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Metilone e MDMA
Confronto tra neuroplastogeni e psichedelici nel PTSD
Ero un po’ indecisa su quale articolo portarti questa settimana, ma poi alla fine sono andata d’istinto e ho scelto questo studio preclinico che mette a confronto gli effetti di metilone e MDMA.
![](https://media.beehiiv.com/cdn-cgi/image/fit=scale-down,format=auto,onerror=redirect,quality=80/uploads/asset/file/19728ae5-0baa-4778-91a2-b0a695f0809a/IMG_3957.jpeg?t=1709902696)
L’ho scelto soprattutto perché sono riportate anche delle analisi immunoistochimiche; magari non lo sai perché non te l’ho mai detto, ma per me dove c’è immunoistochimica c’è casa, è uno strumento che utilizzo quotidianamente nel mio lavoro di diagnostica e che ho raramente visto riportato negli studi psichedelici. Ho scelto col cuore insomma 😄
Gli studi preclinici (quelli su cavie non umane, per intenderci) sono spesso complessi e può non essere facile spiegarli, senza considerare anche la difficoltà di intuire e comprendere le ripercussioni cliniche a valle di scoperte del genere, che spesso sembrano lontanissime e senza collegamenti con il punto di partenza.
Ma bisogna pur partire da qualche parte.
Quindi eccoci qua a scoprire che cosa è il metilone: una molecola strutturalmente simile all’MDMA che si è dimostrata promettente nel trattamento del disturbo post-traumatico da stress (PTSD), è ben tollerata e sicura, non ha effetti allucinogeni, non richiede sostegno psicoterapeutico durante la sua somministrazione e potrebbe essere assunta in concomitanza a farmaci antidepressivi come gli SSRI.
Caratteristiche interessanti, che andrebbero a colmare i “difetti” terapeutici dell’MDMA, quali un’estesa psicoterapia (forse la parte più costosa e variabile della MDMA-Assisted Therapy), la riduzione della sua efficacia quando assunta in concomitanza a SSRI, oltre alle difficoltà psicologiche (talvolta di ardua gestione) riportate dai pazienti durante e dopo la terapia.
Il metilone si è recentemente dimostrato capace di diminuire di ben 36,2 punti la scala CAPS-5 per la valutazione del PTSD in uno studio open label con 14 pazienti e follow up di 6 settimane (qui trovi il poster di presentazione dei risultati).
Per darti un po’ di contesto, nello studio di fase 3 di MAPS per la MDMA-AT, il CAPS-5 era diminuito di 23,7 punti.
Considerando il follow up più lungo di MAPS, si può presumere che anche l’efficacia del metilone segua la stessa curva temporale e sia sovrapponibile.
Se i dati sull’effetto del metilone nell’uomo sono limitati, lo stesso non si può dire per quanto riguarda gli studi sui topi.
Il metilone infatti è risultato avere attività ansiolitica e antidepressiva rapide, durature e consistenti (1), migliora rapidamente e in maniera consistente l’estinzione della paura in modelli di topi con PTSD (risultati citati da Warner-Schmidt et al. ma non pubblicati), e ha dimostrato significativi effetti antidepressivi negli stress-test per i topi (2).
Per cercare di comprendere i meccanismi molecolari che sottendono agli effetti di metilone ed MDMA, e per individuare le differenze terapeutiche di queste due molecole, sono stati indagati i geni espressi dopo la loro somministrazione, i pathways attivati, i loro prifili agonista/antagonista su vari recettori.
I risultati sono stati numerosi.
Innazitutto è stato visto che il metilone aumenta i livelli di serotonina e norepinefrina nella corteccia prefrontale, proprio come l’MDMA.
Tuttavia , il metilone non aumenta i livelli di dopamina tanto quanto l’MDMA, e questo potrebbe indicare un vantaggio del metilone perché il suo effetto dovrebbe essere slegato dai circuiti di impulsività e dipendenza collegati alla dopamina.
Altra differenza fondamentale è che, al contrario dell’MDMA, il metilone non si lega ai recettori 5-HT2A e 5-HT2C della serotonina.
Questo conferma la sua assenza di effetti allucinogeni (scaturiti dall’attivazione del recettore 5-HT2A) e anche la mancanza di abuso della sostanza (indotta dall’attivazione del recettore 5-HT2C, che a sua volta modula il sistema dopaminergico mesolimbico).
Passando poi a faccende un filo più complesse, sono state utilizzate metodiche di analisi molecolare come NGS (altro strumento da me molto amato ed usato quotidianamente) per identificare i geni, i pathways e le funzioni regolate da metilone e MDMA.
Nell’amigdala, più di un quinto dei geni regolati da entrambe le molecole hanno a che fare con la mielina, una sostanza che riveste i neuroni a scopo protettivo e di amplificazione del segnale nervoso, necessaria per la quasi totalità delle funzioni cerebrali.
È stato notato che un aumento di mielinizzazione nella corteccia prefrontale è correlato con la depressione (3), e che un suo aumento nell’amigdala è invece correlato con lo sviluppo del PTSD (4).
Ebbene, sia il metilone che l’MDMA riducono velocemente la mielina nell’amigdala, suggerendo quindi che questo possa essere un meccanismo alla base del loro effetto terapeutico. L’ipotesi è che la rapida diminuzione di mielina renda le fibre nervose e le loro connessioni più malleabili, facilitando la creazione di nuovi circuiti ed in ultimo la neuroplasticità.
Qui entra in gioco la mia tenera immunoistochimica!
Se per caso non sai che cosa sia, detto in parole molto semplici è una colorazione usata nelle sezioni istologiche, e in pratica ad ogni tessuto o ad ogni tipo di cellula diversa corrisponde un colore diverso (che poi il colore in realtà è quasi sempre il solito marrone, è l’anticorpo che cambia, ma giusto per farsi capire).
Andando a sezionare il cervello dei generosi topi che si sono prestati all’esperimento e andando a colorarlo con il colore specifico della mielina, è stato visto che questo era sbiadito o completamente assente nelle sezioni dell’amigdala, permettendo quindi di confermare i precedenti dati.
Metilone ed MDMA sono entrambi implicati in una lunga lista di geni correlati alla neuroplasticità.
Il metilone infatti, come l’MDMA, induce un rapido e consistente aumento di BDNF (il mio preferito fattore neurotrofico 😄 ), un effetto che è alla base della riduzione della paura nella corteccia prefrontale. Vengono però trascritte anche tante altre proteine che hanno effetto antidepressivo e che sono implicate nella sinaptogenesi dell’apprendimento e della memoria.
Ci sono poi una serie di geni e pathways attivati dall’MDMA ma non dal metilone.
Senza scendere troppo nel dettaglio, è stato visto che l’MDMA è correlato a proteine dello stress e dell’ansia, della dipendenza, della depressione, oltre ad altri numerosi pathways che non hanno niente a che vedere con il metilone.
Questo significa che il metilone ha un effetto molto più specifico e selettivo dell’MDMA, non ha tutta una serie di effetti secondari e confondenti, è in pratica più “pulito” e “semplice”.
Questo è importante perché la comprensione del suo meccanismo d’azione potrebbe permettere di spiegare finalmente il processo della MDMA-AT e della terapia del PTSD in generale.
Significa anche che tutti questi effetti secondari dell’MDMA potrebbero essere efficaci per terapie off-target (da valutare), ossia patologie diverse dal PTSD - è vero che ufficialmente ancora l’MDMA-AT non è stata approvata per la terapia del PTSD, ma facciamo finta di sì, dai, manca poco ormai ad agosto 🤞 .
Riassumendo:
il metilone è un neuroplastogeno a rapida azione, che regola l’espressione di geni implicati nella depressione, nel PTSD e nell’ansia;
ci sono molti effetti sovrapponibili tra MDMA e metilone, implicando una comune efficacia terapeutica;
il metilone appare essere più specifico dell’MDMA, dato che quest’ultima modula più geni, e questo potrebbe essere utile per trovare attività off-target dell’MDMA.
Non so se questo articolo ti ha emozionato tanto quanto me. Se la risposta è negativa probabilmente sei una persona abbastanza equilibrata di mente 🤣
Alla prossima!
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Bibliografia
Warner-Schmidt J, Pittenger C, Stogniew M, Mandell B, Olmstead SJ, Kelmendi B. Methylone, a rapid acting entactogen with robust anxiolytic and antidepressant-like activity. Front Psychiatry. 2023;13:1041277. Published 2023 Jan 10. doi:10.3389/fpsyt.2022.1041277
Li Z, Peng HY, Lee CS, et al. Methylone produces antidepressant-relevant actions and prosocial effects. Neuropharmacology. 2024;242:109787. doi:10.1016/j.neuropharm.2023.109787
Liu H, Wen Y, Liang X, et al. Prefrontal cortex neural activity predicts reduction of non-suicidal self-injury in adolescents with major depressive disorder: An event related potential study. Front Neurosci. 2022;16:972870. Published 2022 Nov 3. doi:10.3389/fnins.2022.972870
Long KLP, Chao LL, Kazama Y, et al. Regional gray matter oligodendrocyte- and myelin-related measures are associated with differential susceptibility to stress-induced behavior in rats and humans. Transl Psychiatry. 2021;11(1):631. Published 2021 Dec 13. doi:10.1038/s41398-021-01745-5