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Integrare le terapie psichedeliche nei sistemi sanitari: una guida pratica
Un commento dell'Avvocata Claudia Moretti
Qualche settimana fa avevo iniziato a proporre un tema diverso, un’appendice della ricerca psichedelica che viene spesso ignorata (perché è noiosa via, non giriamoci tanto intorno 😆 ), ossia la regolamentazione degli psichedelici in Europa (puoi recuperare qua la newsletter).
Sempre su questo filone, è stato recentemente pubblicato un maestoso documento che propone soluzioni concrete per integrare le terapie psichedeliche nei sistemi sanitari europei.
Non mi sarei mai sognata di leggere e approfondire queste 100 e passa pagine, ma fortunatamente conosco la persona giusta che è in grado di spiegarci nel dettaglio di cosa si parla, perché saranno anche cose noiose per noi professionisti sanitari ma sono anche altrettanto necessarie e basilari per la pratica clinica.
L’Avvocata Claudia Moretti è esperta di diritto sanitario e sociosanitario, attivista per i diritti civili, membro del Consiglio generale dell’Associazione Luca Coscioni e co-fondatrice di Cogiss (il Coordinamento Giuristi Italiani per il Diritto Sociosanitario), e ha contribuito in modo decisivo alla campagna “L’Italia apra alle terapie psichedeliche”, curandone gli aspetti legali (hai già firmato vero?).
Claudia è anche molto di più del suo curriculum: è una di quelle persone che scompaginano le righe, che entrano in una stanza e spostano gli equilibri. Ha la capacità di creare connessioni dove sembrano impossibili, di vedere possibilità dove gli altri vedono muri, di trasformare ogni contesto in un’occasione di collaborazione.
È travolgente, generosa, visionaria. Le idee le nascono in serie, come fiammate, e spesso vanno persino contenute. Ma la cosa più rara è che non si limita a pensare: quando decide che una cosa va fatta, inizia subito a costruirla.
Nel mio caso, ha fatto anche di più: mi ha aperto le porte di casa sua – letteralmente e metaforicamente – e da allora non ha mai smesso di portarmi con sé, sempre con entusiasmo, fiducia e rispetto.

Come portare le terapie psichedeliche nei sistemi sanitari: sfide e soluzioni concrete
Le terapie psichedeliche stanno vivendo una nuova era. Dopo decenni di stigma e marginalità, oggi si affacciano nel panorama della medicina ufficiale con prove crescenti di efficacia per disturbi come la depressione resistente, il disturbo post-traumatico da stress e le dipendenze. Tuttavia, trasformare queste promesse in cure accessibili per tutti richiede una serie di azioni coordinate e strategie ben definite. In questo articolo esploriamo le raccomandazioni operative per integrare queste terapie nei sistemi sanitari europei.
Norrsken Mind, una fondazione non profit dedicata all’avanzamento della ricerca psichedelica in Europa, ha sostenuto, col proprio finanziamento, un Report uscito nel Marzo 2025, dal titolo: Reimbursement Pathways Psychedelic Therapies in Europe.
Nell’ampio studio gli autori affrontano le sfide legate al rimborso e all’accesso alle terapie psichedeliche in Europa. Dopo aver intervistato numerosi attori della scena della medicina psichedelica - finanziatori, scienziati e ricercatori, clinici, investitori, case farmaceutiche, regolatori - hanno analizzato come questi trattamenti possano essere integrati nei sistemi sanitari europei, e tentato di colmare il divario tra i risultati clinici promettenti e l’accesso concreto dei pazienti. Il report propone anche soluzioni specifiche destinate ad alcuni alcuni Paesi europei (non il nostro, però 😢 ).
Servono più dati, e dati migliori
Secondo gli autori, il primo passo per legittimare le terapie psichedeliche è senz’altro rafforzare la base scientifica che ne dimostra efficacia e sicurezza. Tuttavia, non bastano singoli studi promettenti: serve confrontare questi trattamenti direttamente con le terapie esistenti, attraverso studi clinici ben progettati.
Questo consente di avere, non solo i dati utili all’approvazione del farmaco, ma anche al suo superamento dei criteri di economicità ed appropriatezza previsti per la sua rimborsabilità del Sistema Sanitario Nazionale e per un equo accesso. In paesi come la Germania, ad esempio, ma anche nel nostro Paese, aggiungiamo noi, dimostrare che una nuova terapia funziona meglio di quelle standard è essenziale per ottenere il rimborso pubblico.
Inoltre le terapie psichedeliche, come noto, si basano su un’esperienza soggettiva molto intensa, e servono quindi anche approcci di ricerca più flessibili. Studi con placebo attivi, protocolli adattivi e modelli che separano l’effetto del farmaco da quello della psicoterapia, possono aiutare a raccogliere prove più realistiche e più spendibili. Occorre, dunque, un dialogo precoce con enti regolatori e valutatori di tecnologie sanitarie per allineare il disegno degli studi ai criteri richiesti per le approvazioni e per le future procedure di rimborso pubblico.
… costruire un sistema di rimborso su misura
Una terapia psichedelica non è una pillola da prendere ogni giorno, ma un percorso strutturato che unisce farmaco e psicoterapia, spesso in poche ma intense sessioni. Per questo, secondo gli autori del report, i sistemi sanitari devono (ri)pensare ad un modo tutto autonomo ed innovativo per prevederne il rimborso.
Una soluzione proposta è il pagamento integrato: un unico rimborso che copra sia il farmaco sia il supporto terapeutico. Inoltre, si suggerisce di prevedere forme di rimborso che coprano l'intero percorso di cura, compreso il follow-up nei mesi successivi, così da evitare pressioni economiche sui medici o sulle strutture sanitarie. Ed in effetti, elemento chiave, a detta degli autori, è proprio la raccolta di dati a lungo termine. Monitorare i pazienti anche dopo il trattamento aiuta a capire se i benefici sono duraturi e se portano risparmi in termini di ricoveri evitati o minor uso di altri farmaci. Altri meccanismi innovativi di rimborso basati sui risultati (dove si paga in base ai benefici ottenuti), possono esser previsti per rassicurare chi finanzia queste cure.
Per convincere i sistemi sanitari a investire in queste cure, non basta dire che “funzionano”. Bisognerebbe, a detta del report, dimostrare anche che portano benefici reali per i pazienti e risparmi per la collettività. Servono studi economici ben fatti, che possano cioè quantificare vantaggi come il ritorno al lavoro, la riduzione del carico per i caregiver e il miglioramento della qualità della vita.
Anche il prezzo delle cure psichedeliche deve essere pensato in modo flessibile. Accordi in cui si paga solo se il trattamento funziona (risk-sharing) o in cui i costi sono distribuiti nel tempo possono aiutare a superare le resistenze. Inoltre, servono linee guida specifiche per valutare questi trattamenti in modo equo, tenendo conto delle loro caratteristiche uniche.
… una normativa più chiara e moderna
Anche nel report si ribadisce un tema cruciale, ossia che molti degli ostacoli all’adozione delle terapie psichedeliche derivano da regole obsolete. Regno Unito e Unione Europea hanno già messo in campo strumenti per accelerare l’approvazione di farmaci innovativi. Utilizzare questi percorsi può facilitare la collaborazione tra aziende, enti regolatori e sistemi sanitari, e liberare gli operatori del settore dalle incertezze e dal dubbio.
Importanti anche i programmi di accesso anticipato (nel nostro Paese, ad esempio, anche previste dalla normativa sulle cure compassionevoli e sull’uso del farmaco sperimentale), che permettano ai pazienti più bisognosi di ricevere il trattamento prima della piena approvazione, mentre si raccolgono dati utili alla valutazione finale.
Servono comunque regole più chiare per l’uso clinico di sostanze controllate, spesso ancora trattate con la logica del proibizionismo piuttosto che della medicina. Nel nostro Paese, ad esempio, è in corso una iniziativa volta a chiedere al Ministro della Salute proprio l’emanazione dei provvedimenti che consentano di accedere in modo chiaro ed uniforme alle terapie già validate ma non ancora autorizzate in commercio. Il che significa emanare quei decreti che possano rischedulare le sostanze riconoscendo un uso terapeutico, o delineando nel dettaglio i protocolli compassionevoli che la legge già consente e che la scienza indica come già percorribili.
Infine, le terapie psichedeliche non devono essere un privilegio per pochi. Oggi esistono ancora forti disuguaglianze nell’accesso, legate al reddito, all’origine etnica o alla zona geografica. Per garantire equità, servono politiche che prevedano rimborsi pubblici, tariffe basate sul reddito e iniziative per raggiungere le aree più svantaggiate.
Occorre in primo luogo però superare lo stigma, con campagne informative, testimonianze dei pazienti e coinvolgimento dei media, che possono aiutare a cambiare la percezione pubblica su più livelli dell’informazione. E sul piano etico, è fondamentale garantire il consenso informato, il rispetto del paziente e la supervisione da parte di professionisti preparati in tutte le fasi terapeutiche, dalla sperimentazione alla somministrazione, al follow up delle terapie.
…un lavoro multidisciplinare e di equipe
Il lavoro di coordinamento delle varie anime è essenziale. Il successo delle terapie psichedeliche dipenderà dalla capacità di collaborazione tra tutti gli attori coinvolti: chi sviluppa i farmaci, chi li prescrive, chi li paga, chi li regola e chi li riceve. Servono spazi di dialogo, come piattaforme multi-stakeholder (tra cui PRIME in Europa) in cui si possano affrontare insieme problemi pratici e costruire soluzioni condivise, fin dalla prima ideazione del disegno di ricerca. Integrare le voci dei pazienti nella progettazione degli studi e nelle valutazioni è altrettanto importante, tanto quanto la condivisione dei dati attraverso registri clinici e banche dati comuni.
Le terapie psichedeliche hanno il potenziale per cambiare profondamente il modo in cui trattiamo alcune delle sofferenze psichiche più difficili. Ma per far sì che queste cure diventino una realtà accessibile e sostenibile, serve visione, collaborazione e coraggio politico.
Il testo di Claudia ci ricorda che portare le terapie psichedeliche nei sistemi sanitari non è solo una questione scientifica, ma politica, organizzativa e culturale.
C’è necessità che questo lavoro venga fatto da più voci insieme, in dialogo: medici, giuristi, pazienti, istituzioni.
Grazie ancora a Claudia per aver condiviso con noi questo testo, e per continuare a spingere sempre un po’ più in là il campo del possibile.
Alla prossima! 😎
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