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Teoria del cervello entropico e bassi dosaggi di LSD

Complessità neuronale senza alterazione dello stato di coscienza

Non avrei mai pensato di parlare di microdosing per due settimane consecutive ed invece eccoci qua 😆 
Se ti sei perso l’ultima newsletter sul microdosing di LSD nella depressione la puoi trovare qui.

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Avevo tralasciato questo articolo di Murray et al. perché non è a libero accesso e quindi non avrei potuto leggerlo nella sua interezza, ma poi ho deciso di giocare sporco e di accedervi tramite le mie vecchie credenziali dell’Università che sono incredibilmente ancora attive. Dopo 10 anni di tasse universitarie tra laurea e specializzazione direi che mi possono anche offrire questo articolo, suvvia!

Articolo davvero interessante e stuzzicante.
Non si parla propriamente di microdosing, in quanto sono stati studiati pazienti che hanno ricevuto singole basse dosi di LSD (13µg e 26µg), senza seguire protocolli prolungati o somministrazioni ripetute.

Tuttavia è il primo vero studio, secondo me, che offre una porta d’accesso alla ricerca sul microdosing in maniera precisa e scientifica, senza approssimazioni.

In pratica sono stati studiati pazienti sani tramite elettroencefalogramma e questionari, mettendo a confronto la somministrazione di tre sostanze:

  • basse dosi di LSD (13µg e 26µg);

  • medie-alte dose di THC (7,5mg e 15mg);

  • medie-alte dosi di metanfetamina (10mg e 20mg).

Lo scopo era capire se bassi dosaggi di LSD, che normalmente non alterano lo stato di coscienza, fossero in grado di aumentare la complessità neuronale.

Per le spiegazioni sulla teoria del cervello entropico e della complessità di Lempel-Ziv (strumento di analisi utilizzato anche da Murray et al.), ti rimando a questa newsletter.

La teoria del cervello entropico sostiene che l’aumento della complessità neuronale durante il trip psichedelico sia cruciale nell’outcome terapeutico, suggerendo anche che l’aumento della complessità è strettamente collegato all’alterazione dello stato di coscienza.
Tuttavia non ci sono mai stati degli studi che tentassero di studiare questa teoria nei bassi dosaggi di psichedelici, ossia in quei dosaggi che non generano modificazioni nelle percezioni della persona.

Sorprendentemente è stato visto che anche i bassi dosaggi di LSD vanno ad aumentare la complessità neuronale nonostante l’assenza di alterazione dello stato di coscienza, cosa che invece non è stata riscontrata per quanto riguarda i medi-alti dosaggi di THC e metanfetamina.

Scendiamo nel dettaglio.

Mentre i 13µg di LSD hanno aumentato la complessità neuronale senza dare alcun tipo di sensazione ai partecipanti (una condizione sovrapponibile al placebo), i 26µg si sono fatti in qualche modo sentire, con leggeri minimi aumenti di euforia ed ansia, senza tuttavia modificare in alcun modo lo stato di coscienza.
Al contrario, la THC ha provocato un discreto sballo nei partecipanti ma non è stata associata ad aumento della complessità neuronale.

Viene quindi dimostrato che l’aumento della complessità neuronale non è necessariamente correlato, come si pensava, all’alterazione dello stato di coscienza:

  • l’incremento della complessità di Lempel-Ziv non è stata sufficiente a generare un’alterazione dello stato di coscienza con le bassi dosi di LSD;

  • e le alterazioni dovute a THC non sono state associate ad un incremento della complessità di Lempel-Ziv.

Se non è la complessità neuronale a generare l’alterazione dello stato di coscienza, allora da che cosa è dovuta?

Andando ad analizzare gli elettroencefalogrammi, è stato visto che:

  • le bassi dosi di LSD riducono le onde delta e theta;

  • il THC riduce le onde alfa;

  • la metanfetamina aumenta le onde alfa.

Si sa anche che alte dosi di LSD, psilocibina e DMT riducono le onde alfa.

Forse, allora, le modificazioni delle onde alfa sono un marker più specifico della complessità neuronale per andare a valutare l’alterazione dello stato di coscienza.

Se microdose e macrodose portano entrambe ad un incremento di entropia, significa che il microdosing funziona?
Non si sa.
Vuol dire che anche con bassi dosi di psichedelici succede qualcosa al nostro cervello, ma non sappiamo ancora cosa.

Chiaramente tutto ciò necessita di studi molto più approfonditi, ma questi risultati aprono la strada ad una conoscenza più dettagliata della coscienza umana.
Un applauso quindi a questi ricercatori americani che con esperimenti semplici sono riusciti ad arrivare a deduzioni neuroscientifiche alquanto importanti.

Alla prossima! 😎