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Psilocibina nel fine vita
L'esperienza canadese
Oggi ti porto con estremo piacere questo articolo che valuta l’esperienza complessiva dell’uso compassionevole di psilocibina nell’alleviare ansia e depressione nei malati terminali canadesi.
![](https://media.beehiiv.com/cdn-cgi/image/fit=scale-down,format=auto,onerror=redirect,quality=80/uploads/asset/file/514afa2f-a4c1-4642-a4b3-2e73386bac61/Senza_nome.png?t=1722706201)
Un po’ di contesto.
Nell’agosto del 2020, per la prima volta, 4 canadesi con tumore in stadio avanzato hanno ricevuto il permesso di possedere legalmente psilocibina per trattare la loro ansia e depressione correlate al fine vita.
Nonostante la rivoluzione portata da questa storica riforma, c’erano dei problemi da risolvere: seppur avvantaggiati dalla decriminalizzazione per il possesso della psilocibina, questi pazienti non avevano modo di procurarsela in maniera sicura; inoltre non c’erano protocolli né linee guida per gestire l’uso di psilocibina da un punto di vista medico e psicologico.
Quindi, nel 2022, sono state modificate le leggi, per cui i professionisti sanitari possono ora chiedere il permesso di somministrare psilocibina ad un dosaggio preciso, ottenuta da produttori certificati, in un ambiente idoneo e con supporto psicologico a quei pazienti che rientrano nei criteri di selezione.
Tendenzialmente il processo è sempre stato gratuito per il malato.
Tutto questo, ancora, senza linee guida né protocolli standardizzati.
Sono stati sottoposti dei questionari a 8 dei pazienti che hanno usufruito di questo servizio (in realtà erano 51, ma vuoi che non hanno completato i questionari, vuoi che sono morti..) e sono stati valutati una serie di parametri prima e dopo l’esperienza psichedelica.
È stata vista una riduzione significativa dei sintomi di ansia e depressione. Inoltre, la qualità della vita ed il benessere spirituale sono risultati generalmente aumentati.
![](https://media.beehiiv.com/cdn-cgi/image/fit=scale-down,format=auto,onerror=redirect,quality=80/uploads/asset/file/2bc8b175-1257-4dc3-8e58-5fb3490f4385/Senza_nome2.png?t=1722708058)
C’è stato anche un paziente che ha riportato significativo peggioramento dei suoi sintomi e della paura della morte.
Questo, purtroppo, dipende quasi sicuramente dal fatto che non c’è una standardizzazione nella procedura e nella scelta dei pazienti giusti, ossia quei pazienti che possono maggiormente trarre beneficio da questo servizio senza rischiare di andare a stare peggio, che sul fin della vita è proprio quella unica cosa che sarebbe educato far evitare al morente.
Tutto ciò è anche specchio della realtà, una realtà che è molto diversa da quella asettica e restringente dei trial clinici. Il mondo vero non funziona come uno studio di fase, ed è necessario prenderne consapevolezza per poter offrire i migliori trattamenti possibili nella massima sicurezza.
Se vuoi vedere un altro esempio di psilocibina somministrata nel mondo reale, ti rimando a questa precedente newsletter su un’esperienza jamaicana.
Curiosamente, la maggior parte dei partecipanti non ha riferito modifiche nella paura della morte, e non sono state nemmeno riferite modifiche nell’opinione personale sulla morte medicalmente assistita.
In generale, i partecipanti hanno riferito che la psilocibina li ha aiutati nell’affrontare emozioni difficili, che prima tendevano ad ignorare, e ad esplorare ricordi dolorosi.
Infine, paragonando le risposte date prima e dopo l’esperienza psichedelica, è stato visto che l’aspettativa per l’efficacia del trattamento era alta, a sottolineare che è fondamentale valutare il bias dell’aspettativa nei criteri di inclusione dei pazienti.
Se ti interessa sapere a che punto siamo in Italia sulle terapie psichedeliche nel fine vita, puoi trovare info qui.
Alla prossima! 😎
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