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MDMA nel PTSD degli adolescenti e dell'età pediatrica

Psichedelici e minorenni: potenziali benefici e potenziali rischi

Da quando sono usciti i risultati dello studio di fase 3 di MAPS sull’utilizzo di MDMA-AT (MDMA assisted therapy) nel disturbo post traumatico da stress (PTSD), si è iniziato a parlare dell’impiego della stessa terapia anche per il PTSD della popolazione adolescenziale e pediatrica.

Argomento spinoso e controverso.

Da un lato è vero che una preoccupante percentuale di adolescenti e bambini soffrono di PTSD, un disturbo che non trova sempre risoluzione con le numerose comprovate tecniche di psicoterapia, dall’altro l’utilizzo di una sostanza che pare essere un’ottima terapia ma che è ad oggi considerata illegale in tutto il mondo e il cui uso in campo medico non è stato ancora approvato.

In questo articolo review pubblicato recentemente, due ricercatori olandesi cercano di analizzare la problematica considerando pro e contro dell’uso di MDMA negli adolescenti.

Ti voglio anche mettere la foto del Dr. Kangaslampi perché mi ha ricordato molto un giovane Severus Piton, chissà se glielo hanno mai detto? 😆 

Vengono elencati 5 potenziali benefici dell’utilizzo della MDMA-AT negli adolescenti.

  • Sicuramente la MDMA promuove la processazione del trauma subito, riducendo l’evitamento e permettendo di rivisitare i ricordi senza essere sopraffatti dalle emozioni negative. Questo è valido negli adulti e potrebbe essere ancora più importante per la popolazione adolescenziale, dove la compliance alla terapia è scarsa e l’abbandono alto.

  • La MDMA potrebbe essere un valido alleato nel modificare le opinioni e le credenze dell’adolescente nei confronti del trauma (“è stata colpa mia”, “me lo sono meritato”, “non valgo niente”), favorendo il superamento di emozioni come la vergogna e il senso di colpa.

  • La MDMA aiuta nell’eliminare la paura, e quindi potrebbe essere un rimedio rapido ed efficace per alleviare i sintomi del PTSD.

  • Altro punto chiave è la facilità con cui la MDMA permetterebbe di creare una solida alleanza paziente-terapeuta. Gli adolescenti sono tendenzialmente più diffidenti nei confronti della psicoterapia, a maggior ragione in un PTSD dove la fiducia verso il prossimo è stata calpestata e distrutta in mille pezzi.

  • L’MDMA, in quanto psichedelico, ha anche proprietà antidepressive, migliora la qualità del sonno ed aiuta nella risoluzione delle dipendenze da sostanze, benefici che vanno ben al di là del superamento del trauma. (Benefici però che non sono stati ancora dimostrati per la MDMA, perché i trial fatti finora non hanno mai misurato questi valori).

Tutto molto bello.

Ma quali sono i potenziali rischi?

  • Non ci sono dosaggi validati per la popolazione adolescenziale e pediatrica, e quindi per evitare eventi cardiovascolari avversi (o qualsiasi altro evento avverso) in pazienti così giovani sono necessari trial clinici specifici.

  • Lo sappiamo che gli adolescenti hanno un umore un po’ ballerino, ma diventano ancora più imprevedibili ed ingestibili quando si trovano investiti da forte ansia e stress, cosa che è certa quando vai a rivivere dei traumi passati. Sarebbe quindi opportuno avere un controllo più stretto durante e dopo la somministrazione di terapia, per evitare comportamenti di autolesionismo e ideazione suicidiaria.

  • L’MDMA può essere neurotossica. E di certo non vogliamo dare una sostanza neurotossica ad un cervello in sviluppo e crescita come quello di un adolescente. Di nuovo, i trial clinici dedicati e specifici per la popolazione target sono essenziali.

  • L’MDMA può causare raramente dipendenza, ma più spesso genera un utilizzo illegale e fuori contesto medico. Meglio stare attenti se di fronte abbiamo un adolescente impulsivo ed arrabbiato che associa lo stare bene con l’assunzione della sostanza. Informazione, psicoterapia e supporto familiare sono fondamentali per non rischiare di cadere nel buco delle dipendenze.

  • Purtroppo la MDMA-AT non si è sempre rivelata la terapia più etica. Viene dato molto potere allo psicoterapeuta e questo potere può non essere gestito nella maniera opportuna, esponendo il paziente a molestie psicologiche e sessuali. Questo dipende dall’assenza di linee guida chiare e standardizzate, un punto al quale va posto assolutamente rimedio, soprattutto se stiamo parlando di minori.

Risulta chiaro quindi che lo step successivo, se davvero vogliamo considerare la MDMA-AT per il trattamento del PTSD negli adolescenti, è quello di creare trial clinici adeguati per valutare il dosaggio, gli eventi avversi e i benefici (o danni) nel lungo termine.

Un elemento chiave dovrebbe essere quello di evitare l’utilizzo di MDMA per indicazioni off-label, ossia per tutte quelle patologie che non sono state validate da ricerche approfondite.
Per esempio la ketamina viene utilizzata nel trattamento della depressione come farmaco off label essendo in realtà approvata solo come anestetico, ciò però non dovrebbe accadere nella gestione della terapia di adolescenti, perché appunto non avendo dati affidabili si rischierebbe di incorrere in danni poco piacevoli.
La scorsa settimana la FDA ci ha tenuto infatti a precisare proprio questo, che la ketamina utilizzata per la depressione non è stata ufficialmente studiata e non è stato definito un adeguato profilo di sicurezza (tranne che per lo Spravato, esketamina brevettata).

È importante anche determinare la migliore psicoterapia possibile e standardizzarla.
Per esempio, nella MDMA-AT di MAPS, il terapeuta è istruito nel non dare indicazioni al paziente e intervenire il meno possibile nel processo, permettendo così al “guaritore interiore” di emergere. Forse però con i pazienti adolescenti potrebbe essere preferibile guidare la seduta psichedelica, considerando le loro difficoltà nel regolare le emozioni.

Altro tasto dolente è il tema genitori.
Devono essere presenti alle sedute? A non molti adolescenti potrebbe piacere rivisitare traumi e rendersi così tanto vulnerabili di fronte ai propri genitori, che magari hanno anche contribuito al trauma o hanno creato una struttura familiare tale in cui il paziente non si sente sicuro ed accolto.
Però si parla di minorenni, quindi è necessaria l’approvazione dei genitori per una terapia di questo tipo, a meno che i maggiori di 16 anni possano autodeterminarsi (come per altro succede in molti Paesi del mondo).

C’è poi l’intricato discorso dell’accettazione da parte della società.
Terapie di questo tipo vengono ancora viste con estremo giudizio, gli psichedelici sono un argomento ancora poco conosciuto ed aggrappato ad un retaggio culturale di proibizionismo e false conoscenze. Non ci sono certezze nelle terapie psichedeliche per gli adulti, figurarsi quando si va a parlare di minorenni.

A tal proposito è uscito recentemente questo articolo olandese in cui si va ad indagare l’opinione di adolescenti, genitori e psichiatri sul possibile utilizzo di MDMA-AT negli adolescenti con PTSD.
La reazione iniziale è stata sfavorevole per quasi tutti i 19 intervistati, tranne alcuni adolescenti che si erano informati sull’argomento prima di rispondere al questionario.
Tuttavia è stato visto che una volta ricevute le spiegazioni adeguate sull’argomento, 18 partecipanti su 19 si sono dimostrati favorevoli.

Insomma, l’informazione è la cosa più importante. Soprattutto un’informazione chiara ed esaustiva, basata su dati verificati ed affidabili.

Alla prossima!

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