Ketamina in telemedicina

Terapia psichedelica per la depressione a distanza

Oggi ti voglio parlare di un articolo davvero molto interessante.

Il team di Mathai et al. ha raccolto un’enorme quantità di dati da Mindbloom, un’azienda che si occupa del trattamento di disturbi psichiatrici (come ansia e depressione), per valutare efficacia e sicurezza delle terapie con ketamina in telemedicina.

Già in questa frase ci sono due cose importanti da notare.
La prima è che si parla di ketamina racemica, quella ormai senza brevetto, a basso costo, ben distinta dalla esketamina (Spravato) brevettata e costosa. Unica pecca, come ci tengono a ricordare anche gli autori, è il fatto che l’utilizzo della ketamina nella depressione è off label, quindi non rimborsata dal sistema assistenziale sanitario statunitense; considerato l’esorbitante costo della sanità americana, non è certo cosa di poco conto.
La seconda è che il trattamento è avvenuto appunto in telemedicina, ossia a distanza, facendo così risparmiare al paziente e alla struttura sanitaria sia tempo che denaro. Una pratica forse bizzarra e che potrebbe far storcere il naso per quanto riguarda la sicurezza, ma che in era Covid ha preso il sopravvento.

Con l’analisi delle informazioni fornite dal lavoro di Mindbloom si cerca di valutare quindi sia l’efficacia della forma racemica di ketamina, tendenzialmente paragonabile all’esketamina, sia la sicurezza della nuova pratica clinica di medicina a distanza, mantenendone alta la qualità.

Nota di merito: i dati esaminati derivano da un setting di mondo vero, ben lontano da quello ristretto e fortemente controllato di un trial clinico.
Una situazione simile l’abbiamo ritrovata anche nei risultati forniti da Mycomeditation, che puoi recuperare in questa precedente newsletter.

La terapia psichedelica era organizzata in modo tale da prescrivere a distanza una quantità di ketamina sublinguale in base al peso del paziente (circa 5mg/Kg) con depressione moderata-severa, raccogliendo esami strumentali (sangue, pressione, ECG eccetera) con l’aiuto di strutture sul territorio vicine al paziente, ma soprattutto affidandosi alla presenza fisica di un adulto di fiducia durante l’assunzione di ketamina.
Il dosaggio flessibile serviva per ottenere una dissociazione lieve-moderata.
La terapia si svolgeva nel corso di 4 settimane, con una somministrazione a settimana, preceduta e seguita da supporto psicologico e integrazione.

Il campione iniziale di pazienti era esorbitante, 11441, il gruppo più numeroso mai studiato per una terapia psichedelica.

Andando a leggere però con attenzione i veri dati forniti, da questo pool iniziale siamo scesi a meno di 5000 pazienti che hanno concluso le 4 settimane fornendo le risposte ai vari questionari (4918 per il questionario PHQ-9 che identifica la severità della depressione, e 3348 per il questionario GAD-7 che valuta invece la severità dell’ansia).
Quando si parla di risultati, quindi, bisogna un attimo ridimensionarci e abbassare l’hype. Consideriamo comunque che si tratta di cifre molto alte nel mondo della ricerca psichedelica, apprezziamo l’impegno.

Come sono stati i risultati:

  • a 4 settimane il tasso di risposta per la depressione è stato del 56,4%, mentre il tasso di remissione del 28,1%;

  • a 4 settimane il tasso di risposta per l’ansia è stato del 56,1%, mentre il tasso di remissione del 28,8%.

Ciò è abbastanza in linea con quelli visti per altre terapie psichedeliche, con alcune sostanziali differenze:

  • la terapia prevede multiple somministrazioni, mentre quasi sempre per psilocibina e LSD ne è necessaria solamente una per raggiungere gli stessi benefici;

  • tuttavia l’utilizzo della telemedicina permette di risparmiare così tanti soldi che una multipla somministrazione risulta comunque più vantaggiosa di una singola somministrazione con effetti di ore e l’impiego di strutture e professionisti dedicati.

La telemedicina ha funzionato? La sicurezza è stata sufficiente?

Gli eventi avversi sono stati prevalentemente lievi-moderati (tra cui anche la voglia di ulteriori dosi - ti ricordo che la ketamina può creare dipendenza), e solo in 6 pazienti sono stati registrati eventi avversi gravi (depressione severa, ideazione e comportamento suicidario, psicosi). Alcuni sono finiti in pronto soccorso ma senza conseguenze disastrose.
Si parla quindi di una percentuale davvero molto piccola di pazienti, ma che non è opportuno ignorare. Se ne deduce infatti l’estrema importanza di avere accanto al paziente qualcuno lucido e con un minimo di preparazione su cosa fare e come intervenire in caso di emergenza.

Insomma, per mantenere un buono standard di sicurezza è necessario un programma di telemedicina rigoroso, costruito in modo tale da prevenire ogni possibile inconveniente.

Un particolare che sottolineano Mathai et al. è il fatto che coloro che sono andati incontro ad un secondo ciclo di terapia perché il primo non aveva dato i risultati sperati, si sono ritrovati ad assumere dosaggi via via più elevati di ketamina, e questo deve essere un campanello di allarme per i clinici, che dovranno valutare se il rapporto rischi/benefici è a favore di una prosecuzione nella terapia con ketamina oppure è preferibile passare ad alternative.

E tu te la faresti una terapia psichedelica per la depressione in videocall?

Alla prossima! 😎 

Non sei ancora iscritto alla newsletter?