Il cambio di paradigma psichedelico

La rivoluzione silenziosa della psichiatria

Lo scorso mese il Royal College of Psychiatrists del Regno Unito ha pubblicato due documenti che raccontano molto più di quanto sembri.

Uno è un position statement di quelli prudenti, con toni misurati e parole calibrate (very British), che fa il punto sull’uso medico e di ricerca delle cosiddette Psychedelic and Related Substances (PARS). In sintesi: c’è interesse ma non siamo ancora pronti, e per ora restiamo cauti.
È un atteggiamento tipico della medicina e della ricerca, e va bene così, perché la scienza è fatta di rigore, lentezza e verifiche continue.
Ma, lo ammetto, mi fa comunque sorridere. Non so quanti p value significativi devono ancora essere pubblicati su Nature per confessare che effettivamente siamo di fronte ad opzioni terapeutiche che vale la pena provare.

L’altro documento, uscito in parallelo, è più concreto e insieme più rivoluzionario: un libretto di poche pagine dedicato alla psicoterapia assistita da sostanze psichedeliche, pensato per i terapeuti che lavorano nei trial clinici.
Dietro il tono sobrio, da manuale operativo, si nasconde in realtà una riflessione profonda su cosa significhi “cura” in questo nuovo contesto.

C’è una frase che spicca su tutte:

This represents a paradigm shift within psychiatry, combining the administration of a powerful psychopharmacological substance alongside psychological therapy and support.

Un cambiamento di paradigma, dicono, e non è un’esagerazione.
Perché qui non si parla semplicemente di somministrare una sostanza, ma di unire due linguaggi che negli ultimi decenni la psichiatria ha tenuto separati: quello della farmacologia e quello della psicoterapia.
La sostanza è un catalizzatore, non la cura.

Forse il vero cambiamento di paradigma è proprio qui: non la scoperta di nuovi composti (che poi, nuovi.. parliamone), ma la riscoperta della relazione come parte integrante del trattamento.
Una visione scomoda, perché non entra bene nelle statistiche e non promette risultati rapidi. Ed è proprio qui che il documento diventa politico, senza mai dirlo apertamente.

Dopo la bocciatura dell’MDMA da parte della FDA, la lezione che il settore sembra aver imparato è che la psicoterapia è un problema: troppo costosa, troppo soggettiva, troppo difficile da quantificare.
Meglio ridurla al minimo, o toglierla del tutto, così il farmaco può “parlare da solo” e i risultati diventano più puliti.
Un pensiero logico, razionale, tipicamente medico, forse anche inevitabile, se si gioca secondo le regole della ricerca regolatoria.
Il Royal College, al contrario, prova a riportare un equilibrio che era andato perduto.
Dice che la psicoterapia non è un rumore di fondo, ma la struttura portante.
Che senza una relazione solida, capace di contenere la vulnerabilità e la regressione che spesso accompagnano gli stati psichedelici, il rischio è di aprire porte senza sapere come richiuderle.
Il terapeuta, in questo modello, non è un osservatore neutrale ma un contenitore attivo: tiene il filo, accompagna, dà forma al linguaggio dell’esperienza.
E questo vale anche per la ricerca: non si possono studiare gli effetti delle sostanze ignorando il modo in cui vengono vissute.

La medicina, dopotutto, si è sempre mossa tra due forze opposte: da un lato la necessità di standardizzare, misurare, controllare; dall’altro la consapevolezza che ogni paziente è un mondo irripetibile.
La ricerca psichedelica, in fondo, non sta facendo altro che riportarci lì, in quel punto d’incontro tra il dato e la storia, tra il protocollo e l’esperienza. Ippocrate l’avrebbe presa con filosofia: per lui la medicina era già un’arte.

Alla prossima! 😎 

Partecipa al cambiamento

Se non l’hai già fatto, ti invito a sostenere queste due importanti iniziative di raccolta firme:

  • PsychedeliCare: un’Iniziativa dei Cittadini Europei per promuovere la ricerca e l’uso medico degli psichedelici nella salute mentale. 👉 Firma qui

  • Terapie psichedeliche per il fine vita: una petizione italiana per consentire l’uso degli psichedelici nelle cure palliative e terminali. 👉 Firma qui

Puoi approfondire queste due iniziative leggendo questa mia precedente newsletter.

Ogni firma è importante per contribuire a un futuro più compassionevole e innovativo nella salute mentale e nelle cure palliative.

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