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Cosa c'entra il sistema nervoso con l'esperienza psichedelica?

Un contributo di Alessandra Spagnoli

In questi giorni il panorama psichedelico internazionale pullula di notizie, materiale da newsletter ce ne sarebbe eccome.
Peccato che io stia per andare in ferie, sia sommersa dal lavoro, e abbia deciso che non ci saranno approfondimenti da breaking news se prima non ho avuto tempo di sottolineare compulsivamente tutti gli articoli che ho salvato.

Quindi oggi propongo qualcosa di diverso, e forse ancora più prezioso: un contributo di Alessandra Spagnoli su corpo, regolazione del sistema nervoso e integrazione delle esperienze psichedeliche.
È un tema che mi sta molto a cuore, anche a livello personale: sto studiando la regolazione del sistema nervoso da un po’, ma non avevo mai approfondito il legame con gli psichedelici. Finché non ho incontrato virtualmente Alessandra: la seguo da tempo perché i suoi post arrivano diretti a toccare corde profonde. Quindi le ho scritto, e lei con grande generosità ha accettato di contribuire con un articolo chiaro e stimolante.

Il curriculum di Alessandra può apparire fuori dai percorsi accademici classici, ma è ricco e variegato, e questa è l’unica cosa che conta: certificata in Somatic Experiencing® e NARM®, co-fondatrice di Holotropic Italy e facilitatrice certificata di Respirazione Olotropica, specializzata in integrazione psichedelica alla Iceers Academy, spazia dal bodywork ai tarocchi.

Da qualche anno, anche grazie alla ricerca scientifica che si muove con crescente rigore, si parla sempre più spesso del potenziale terapeutico delle sostanze psichedeliche. Ma se c’è una cosa che chi lavora con queste esperienze impara presto, è che l’intensità non è sempre sinonimo di trasformazione.
Chi ha sperimentato stati espansi di coscienza lo sa: la visione può essere potente, la comprensione persino folgorante… ma poi? Cosa ne facciamo di ciò che è emerso? Come lo portiamo nella vita quotidiana, tra scadenze, relazioni e le nostre fatiche interiori? Uno degli elementi più sottovalutati ma fondamentali in questo processo è il sistema nervoso. E soprattutto la relazione. Perché regolare il sistema nervoso, spesso, è qualcosa che accade in due.

Ma andiamo con ordine: perché parliamo di sistema nervoso?

Ogni esperienza che viviamo passa attraverso il corpo. E il corpo, per quanto saggio e plastico, ha dei limiti di tolleranza. Quando uno stimolo è troppo intenso, come può essere una rivelazione psichedelica, un ricordo traumatico o anche un improvviso senso di espansione e apertura, il sistema può attivare delle risposte automatiche: congelamento, iperattivazione, dissociazione. Queste reazioni non sono sbagliate. Sono il modo in cui il nostro sistema autonomo cerca di proteggerci. Ma se non vengono riconosciute e integrate, rischiano di interrompere il potenziale trasformativo dell’esperienza. Qui entrano in gioco la regolazione neurofisiologica e l’importanza del nervo vago: un grande nervo che connette cervello, cuore, polmoni, intestino, e che regola il nostro senso di sicurezza, connessione e presenza. La branca ventrale del nervo vago, in particolare, è associata a stati di calma vigile, apertura e contatto sociale. È lì che il corpo ritrova le condizioni per accogliere ciò che è emerso, e non a caso, è proprio questa attivazione che accompagna le fasi più fertili del lavoro di integrazione.

Un alleato anche per la ricerca

Negli ultimi mesi, anche la ricerca scientifica ha iniziato a esplorare in modo più approfondito il legame tra psichedelici e sistema nervoso autonomo. Un articolo pubblicato nel febbraio 2025 da Li, Wang e Wang, all’interno di un numero speciale della rivista ACS Pharmacology & Translational Science dedicato a psichedelici ed entactogeni, mette in luce come durante un’esperienza psichedelica si attivino dinamiche complesse tra ramo simpatico e parasimpatico. Si osserva spesso una fase iniziale di attivazione intensa, con frequenza cardiaca aumentata e ipersensibilità, che può però lasciare spazio a una seconda fase di apertura parasimpatica, legata a un aumento dell’attività vagale. Questa seconda fase è associata a una maggiore variabilità della frequenza cardiaca, senso di connessione, sicurezza e disponibilità emotiva. Per chi lavora con il corpo, questo non è sorprendente. Ma è prezioso vederlo confermato anche dalla letteratura scientifica. Quando il sistema vagale si riattiva e il corpo percepisce sicurezza, si apre la possibilità di rielaborare, di trovare un significato, di lasciar sedimentare. Come scrivono gli autori:

"Questa duplice influenza degli psichedelici sull’attività simpatica e parasimpatica può offrire nuovi strumenti terapeutici per la regolazione dello stress, la salute mentale e le disfunzioni neurovegetative."

Ecco perché è fondamentale includere il lavoro sul corpo non solo nell’integrazione post-esperienza, ma già nella fase di preparazione e durante l’esperienza stessa. Perché anche nelle esperienze più intense, è il sistema nervoso a fare da radice. Quando riesce a mantenere una base di regolazione, l’esperienza può attraversarci senza travolgerci. Non è l’intensità in sé a trasformare, ma la possibilità che il sistema abbia le risorse per accoglierla, sostenerla e farne qualcosa.

Pratiche somatiche: da dove si comincia?

La buona notizia è che possiamo allenare il nostro sistema nervoso a tollerare, sostenere e integrare anche le esperienze più profonde. E possiamo farlo partendo da piccoli gesti, spesso invisibili dall’esterno, ma capaci di generare un impatto concreto. In Somatic Experiencing®, ad esempio, si lavora con la capacità del corpo di autoregolarsi in modo naturale, seguendo i cicli spontanei di attivazione e rilascio, senza forzature. Si esplorano micro-movimenti interni: una sensazione che si scioglie, un brivido, un respiro che cambia ritmo. Nel modello NARM®, invece, il focus si sposta sulle strategie di adattamento apprese precocemente, spesso invisibili ma ancora attive. Attraverso il dialogo e l’ascolto somatico, si indaga la relazione tra identità, connessione e sicurezza interna. Domande come “cosa è diventato difficile sentire?” aprono la strada a una possibilità nuova di presenza.

Un’esperienza vissuta: quando il corpo cambia il finale

Un uomo, che chiameremo Marco, ha un’esperienza psichedelica in un setting terapeutico e a un certo punto entra in uno stato di intensa iperattivazione: tachicardia, respirazione accelerata, senso di perdita di controllo. Il suo sistema nervoso sta rivivendo, in modo implicito, una vecchia esperienza di panico mai completamente elaborata. Attraverso la guida del terapeuta, Marco viene accompagnato a orientarsi verso sensazioni più tollerabili. Viene sostenuto con tecniche di titolazione, cioè esplorazioni graduali che permettono di restare connessi a piccole porzioni dell’attivazione, e con pratiche di resourcing, evocando stati corporei o immagini interne che gli trasmettono un senso di sostegno. Il corpo comincia a tornare presente. Qualcosa si regola. In fase di integrazione, Marco dirà: “È stato come riavere le chiavi di casa”.

Preparazione, esperienza, integrazione: come si lavora con il corpo

Nel tempo, ho imparato a riconoscere tre momenti fondamentali in cui il lavoro somatico può fare la differenza. Durante la preparazione, il corpo può essere accompagnato a riconoscere le proprie risorse e i propri limiti. Orientarsi nello spazio, evocare immagini di sicurezza, ascoltare i segnali sottili dell’attivazione e portare consapevolezza all’intenzione con cui si entra nell’esperienza sono pratiche semplici ma potenti. Sapere cosa si desidera e distinguere questo da ciò che si spera inconsciamente che l’esperienza “risolva”, apre già uno spazio di presenza. Durante l’esperienza, il corpo resta la bussola. Portare attenzione a una parte del corpo che si sente stabile, emettere suoni come un ‘voo’ o un ‘mmm’ profondo, che stimolano il nervo vago secondo il lavoro di Peter Levine, lasciare che il respiro trovi un suo ritmo senza forzarlo, sono tutte modalità per sostenere la regolazione anche in stati non ordinari. E quando è possibile, anche il semplice contatto con un’altra persona regolata, uno sguardo, una voce, una presenza, può agire come ancora. Nella fase di integrazione, il corpo aiuta a dare forma all’esperienza e trasformarla in significato. Camminare lentamente, toccare materiali naturali, mantenere gesti ripetuti che radicano, sono pratiche che favoriscono la sedimentazione. Il racconto verbale può emergere da ciò che è stato sentito, non solo pensato. E ciò che rimane senza parole può restare, a volte, come traccia viva.

A volte, ciò che riemerge durante un’esperienza espansa non è nuovo, ma qualcosa che un tempo è arrivato come troppo, troppo presto o troppo in fretta, per poterlo gestire. E che allora il nostro sistema non ha potuto sentire, né comprendere, né sostenere. Ecco perché l’integrazione non è solo un lavoro sul contenuto, ma anche sul contenitore: sul corpo, sul tempo, sulla relazione. Perché ciò che allora è stato troppo, oggi può forse essere rivissuto, ma non più da soli. Come dice Peter Levine:

"Il trauma non è ciò che ci è accaduto, ma ciò che tratteniamo dentro in assenza di un testimone empatico."

E se questo testimone, oggi, potessimo cominciare a diventarlo noi, per noi stessi e per gli altri?

Grazie ad Alessandra per aver condiviso con generosità il suo sguardo e il suo lavoro. È sempre un piacere ospitare voci che aiutano a vedere le cose da angolazioni nuove.

Noi ci risentiamo dopo le ferie! 😎 ☀️ 

Partecipa al cambiamento

Se non l’hai già fatto, ti invito a sostenere queste due importanti iniziative di raccolta firme:

  • PsychedeliCare: un’Iniziativa dei Cittadini Europei per promuovere la ricerca e l’uso medico degli psichedelici nella salute mentale. 👉 Firma qui

  • Terapie psichedeliche per il fine vita: una petizione italiana per consentire l’uso degli psichedelici nelle cure palliative e terminali. 👉 Firma qui

Puoi approfondire queste due iniziative leggendo questa mia precedente newsletter.

Ogni firma è importante per contribuire a un futuro più compassionevole e innovativo nella salute mentale e nelle cure palliative.

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Riferimenti bibliografici

Li, H., Wang, H., & Wang, X. (2025). Psychedelics and the Autonomic Nervous System: A Perspective on Their Interplay and Therapeutic Potential. ACS Pharmacology & Translational Science, 8(3), 899–902. https://doi.org/10.1021/acsptsci.5c00005

Porges, S. W. (2011). The Polyvagal Theory: Neurophysiological Foundations of Emotions, Attachment, Communication, and Self- regulation. Norton

Levine, P. A. (2010). In an Unspoken Voice: How the Body Releases Trauma and Restores Goodness. Heller, L., & LaPierre, A. (2012).

Healing Developmental Trauma: How Early Trauma Affects Self- Regulation, Self-Image, and the Capacity for Relationship. LaPierre (2012)