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Psicoterapia sì, psicoterapia no
Il peso della psicoterapia nella medicina psichedelica
Eccoci di nuovo qua con un nuovo articolo psichedelico da approfondire, stavolta sulla psicoterapia.
In questa revisione viene affrontato l'annoso dilemma: la terapia psichedelica è migliore quando associata a psicoterapia, oppure se ne può fare anche a meno?

Non c'è una risposta giusta, ma le due fazioni che si contrappongono sono ognuna sicura delle proprie ragioni.
Da un lato abbiamo una lunga tradizione che enfatizza il rapporto sinergico tra psichedelici e psicoterapia: gli psichedelici aiutano il terapeuta a sbrigliare nodi complessi del paziente, e contemporaneamente è possibile offrire un'integrazione efficace che altrimenti lascerebbe il malcapitato di turno in dubbi esistenziali in seguito al trip.
Dall'altro lato abbiamo una lunga lista di studi scientifici che ci dicono che gli psichedelici hanno una diretta e precisa azione neurobiologica e che l'outcome terapeutico è indipendente dalla combinazione o meno con una psicoterapia. In questo caso basterebbe un supporto psicologico durante l'esperienza per evitare situazioni di pericolo per il paziente, ma niente di più.
Chen et. al hanno quindi ben pensato di fare una bella revisione della letteratura per cercare di capire che cosa abbiamo imparato finora.
In una serie di 10 studi sull'utilizzo di psilocibina nella depressione, comprendenti un totale di 515 pazienti, è stato visto che i protocolli utilizzati prevedevano:
psicoterapia direttiva basata su manuali, in 1 caso;
supporto psicologico non direttivo basato su manuali, in 3 casi;
supporto psicologico non direttivo e senza manuali, in 5 casi;
psicoterapia di supporto senza manuali, in 1 caso.
Mettendo a confronto questi studi è risultato chiaro che non c'è alcuna differenza significativa tra i vari protocolli applicati e che l'efficacia della psilocibina è la stessa indipendentemente dall'approccio utilizzato.
A onor del vero c'è da dire che gli studi con psicoterapia erano solamente 2 su 10, ma ciò non sposta l'ago della bilancia.
Sono sicura che questo ha fatto storcere il naso a parecchi, e per esperienza personale sono anche d'accordo. L'integrazione rimane a mio parere una parte fondamentale dell’esperienza psichedelica in generale e della terapia psichedelica in particolare.
Tuttavia è necessario portare prove che siano consistenti, la comunità scientifica non va avanti ad intuito o per sentito dire. Senza prove di efficacia, le aziende farmaceutiche si stanno muovendo di conseguenza, e approfittando del grande risparmio dato dall'eliminazione di un percorso di psicoterapia nei trial clinici, stanno proseguendo sul passo del “supporto psicologico”: niente complicazioni, nessun calcolo statistico incomprensibile, spese ridotte all’osso.
Se poi il paziente decide per conto suo di avere uno psicologo, tanto meglio, ma di certo l'informazione non verrà inclusa nei risultati. Quanti pazienti con depressione resistente a trattamento non sono seguiti da uno psicologo? Si tratta di una domanda retorica, ma serve per far capire che sotto ai dati miracolosi proposti nei vari studi di fase, ci sono fattori che forse non sono stati messi in conto e che invece sarebbe stato meglio non ignorare.
Alla prossima! 😎
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