La farmacocinetica della DMT

Gli effetti psicologici e fisiologici di un'infusione intravenosa continua di DMT

Eccomi di nuovo qua dopo una piacevolissima settimana di ferie! Ti sono forse mancata un pochino? 😉 

Oggi ho deciso di concentrarmi su questo bellissimo articolo di Luan et al. del team del Dr. Christopher Timmermann (se te la sei persa ti consiglio la puntata di Illuminismo Psichedelico in cui viene appunto intervistato il ricercatore dell’Imperial College di Londra).

Articolo decisamente ricco di dati ed informazioni interessanti, in cui si vanno a studiare gli effetti psicologici e fisiologici dovuti ad una infusione continua di DMT per 30 minuti, così da poter individuare le basi della farmacocinetica di questa sostanza.

Per farmacodinamica si intende lo studio del legame tra il farmaco e la sua molecola bersaglio, il suo meccanismo d’azione e conseguente effetto terapeutico.
Per farmacocinetica si intende invece lo studio di tutti quei processi a cui è sottoposto il farmaco una volta assunto: assorbimento, distribuzione, metabolismo, escrezione.

Queste informazioni, in pratica, sono quelle che consentono di capire quando è opportuno prendere un farmaco, ogni quanto, per quanto tempo (il famoso “a stomaco pieno”, oppure “l’antibiotico ogni 12 ore”).
Sono tutte cose che possono sembrare banali ma che sono in realtà alle fondamenta di una qualsivoglia terapia, e la terapia psichedelica non fa di certo eccezione se si decide di utilizzarla in un contesto medico.

Si parte dal presupposto che la DMT è uno strumento molto potente, sia per studiare la coscienza, sia per trattare alcuni disturbi come per esempio la depressione.
Tuttavia la DMT ingerita non ha alcun tipo di effetto perché viene rapidamente degradata a livello dello stomaco dalle monoamminossidasi (MAO), e quindi per funzionare deve essere sempre accompagnata da inibitori delle MAO, cosa che per esempio avviene con la miscela di ayahuasca; questo genera un’esperienza psichedelica che dura alcune ore, ma include anche possibili spiacevoli conseguenze come vomito e malesseri vari. Sicuramente l’ayahuasca non è una sostanza di facile studio scientifico, a causa delle sue numerose variabili sia nella preparazione che nella gestione delle reazioni avverse.

L’alternativa è inalare o iniettare la DMT, avendo un’escalation di effetti in pochi secondi ma una durata brevissima di soli 2-3 minuti. La cosa positiva della somministrazione endovenosa è che è possibile controllare in maniera estremamente precisa il dosaggio, e questo lo rende il metodo più efficace per uno studio scientifico.
Considerata la breve durata dell’effetto, sarebbe possibile gestire in maniera quasi immediata eventuali cambiamenti di dosaggio; non solo, sarebbe possibile cucire una terapia su misura per ogni paziente in base alle sue caratteristiche psicologiche e fisiche.
Sì, la psichiatria di precisione sta diventando realtà.

Non sono ancora disponibili protocolli farmacocinetici per la somministrazione intravenosa di DMT e questo studio di Luan et al. tenta proprio di crearne uno.

11 volontari sani, che avevano già avuto esperienze con gli psichedelici, hanno ricevuto fino a 4 differenti dosi di DMT in bolo più un’infusione lenta di DMT per 30 minuti.

I dati raccolti sono stati estremamente precisi (un applauso con standing ovation) e soprattutto tantissimi, così tanti che alcuni saranno pubblicati in un altro articolo.

C’è addirittura il link alla playlist utilizzata durante l’esperimento. Adorabili.

Una cosa che mi è piaciuta tantissimo è stata che prima di iniziare la somministrazione di DMT è stata proposta ai pazienti una meditazione body scan. Molto zen, molto utile, annulla un po’ quella tensione da camice bianco che potrebbe alterare i risultati.

E quali sono stati i risultati?

Innanzitutto gli effetti collaterali praticamente inesistenti: oppressione toracica senza modifiche all’ECG e lieve nausea. Già questo ci piace molto.

Inoltre l’infusione di 30 minuti è stata ben tollerata sia fisicamente che psicologicamente, ma la cosa più importante è stata che sono riusciti ad avere effetti psichedelici della DMT per tutti e 30 i minuti alla stessa intensità (si parla chiaramente di intensità percepita dai pazienti in una scala da 0 a 10).
Infatti, a parte un picco iniziale di effetti percepiti dovuti al bolo di partenza (quando cioè inzia a lavorare la sostanza), l’intensità dell’esperienza è rimasta costante per tutti e 30 i minuti ad un livello leggermente più basso del picco.

L’intensità degli effetti percepiti è risultata dipendente dalla dose utilizzata (maggiore la dose, maggiori gli effetti), così come la concentrazione di DMT nel sangue era maggiore all’incremento del dosaggio.

L’ansia riferita dai pazienti ha avuto un picco iniziale (quando inizi a vedere i mostri eheh) per poi scendere e rimanere bassa per tutta la durata della somministrazione, indicando sicurezza e tollerabilità psicologica. Lo stesso è avvenuto per la frequenza cardiaca, indicando sicurezza fisica.

La cosa particolare che è stata vista è che l’intensità dell’esperienza è rimasta correlata alla concentrazione plasmatica per i primi 20 minuti, però dopo 20 minuti c’è stata una dissociazione: l’intensità è rimasta invariata anche se i livelli plasmatici erano aumentati con il passare del tempo.

Cosa significa questo?
Potrebbe significare che ricevendo un’infusione continua, dopo un po’ inizia una certa tolleranza psicologica alla sostanza, in pratica ti abitui a vedere e sentire cose “strane”, e ad una ulteriore somministrazione di DMT non corrisponde necessariamente un effetto psichedelico maggiore.
Questo potrebbe essere utile in futuro per gestire una eventuale terapia psichedelica, perché essere a conoscenza di questo “gap” tra dose ed effetto permetterebbe di personalizzare la somministrazione in base all’obiettivo che si vuole raggiungere, oltre che alle caratteristiche fisiche della persona.

Come si traduce nella pratica tutto questo?
Per esempio, se durante la terapia psichedelica il paziente chiede un momento di “tregua”, è possibile gestire il dosaggio in tempo reale ed avere una dimunuzione degli effetti in pochi minuti.
Oppure potrebbe essere utilizzato un protocollo con un inizio graduale dell’esperienza, invece che in bolo, così da ridurre lo stress inziale per quelle persone particolarmente sensibili o ansiose.

Mica robetta!

Come sottolineano i ricercatori dell’Imperial College, gli psichedelici rappresentano una sfida particolarmente difficile per la psichiatria moderna, perché l’enorme efficacia di queste sostanze nel trattare patologie quali depressione e PTSD si va a scontrare con il fatto che le risposte sono molto variabili da paziente a paziente, oltre che a tratti imprevedibili.
L’imprevedibilità dipende non solo dal dosaggio o dalla sostanza usata, ma anche dal set e dal setting (quindi variabili non farmacologiche e difficilmente misurabili e gestibili).
Utilizzare la concentrazione plasmatica di DMT durante la terapia stessa permetterebbe di avere una misura precisa e facilmente modificabile, uno strumento utile e rivoluzionario per terapie psichiatriche fatte su misura.

Questo articolo mi è veramente piaciuto tantissimo e spero abbia entusiasmato un po’ anche te!
Alla prossima 😃 

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