Psichedelici ed effetto placebo

Come l'aspettativa del paziente può influire sulla terapia psichedelica

La scorsa settimana è uscita questa puntata di Illuminismo Psichedelico, il podcast di Federico Di Vita.

60. DMT e Neuroscienze

Chris Timmermann lavora all’Imperial College di Londra e si occupa della ricerca sulla DMT (N,N-dimetiltriptammina), uno psichedelico presente naturalmente in numerose piante e, si pensa, anche nel nostro organismo.

L’intera intervista è stata molto interessante, ma mi ha colpito particolarmente la parte finale, dove Chris parla dell’effetto placebo e delle difficoltà di svolgere studi clinici in doppio cieco con gli psichedelici.

In un tipico studio clinico in cui si testano dei farmaci, si utilizza la somministrazione in doppio cieco: ad un gruppo di persone viene dato il farmaco in questione, ad un altro gruppo viene dato un placebo, e né i pazienti né i ricercatori sanno quale trattamento sarà somministrato.

Palesemente questo risulta essere difficile nello studio degli psichedelici, perché il trip viene riconosciuto sia dai pazienti che dai ricercatori.
Nonostante alcuni stimolanti possano dare effetti simili a quelli degli psichedelici, il vero effetto placebo non viene comunque raggiunto.

Quello che è intrigante è che l’aspettativa del paziente può influire sul risultato e, cosa ancora più importante, può essere misurata con appositi questionari e punteggi (e agli scienziati i punteggi piacciono).

Quindi l’aspettativa può diventare uno strumento per valutare l’efficacia di una terapia.

Come?
Somministro lo stesso farmaco ad un paziente con un’aspettativa alle stelle per la terapia che sta ricevendo, e ad uno con una scarsa aspettativa: se il primo ha risultati strabilianti e il secondo zero risultati, allora significa che la terapia non ha efficacia, perché l’efficacia è data solo dall’aspettativa, che in questo caso diventa l’effetto placebo.

E qui si può intavolare anche un’ulteriore discussione, volendo.

Se la persona con l’aspettativa alle stelle, che ha ottenuto risultati strabilianti da una terapia che sostanzialmente era acqua zuccherata sotto forma di ayahuasca, sta comunque bene ed è “guarita”, alla fin fine ha raggiunto il suo benessere e la sua sanità mentale.
Chi siamo noi per dirle che non è vero, che è stato solo effetto placebo? Lei sta benissimo ed è proprio soddisfatta della terapia ricevuta.

D’altronde è risaputo nel mondo della terapia psichedelica che il giusto set e il giusto setting sono fondamentali, che devi lasciarti andare ed accogliere tutto quello che viene senza paura.

E questa non è forse aspettativa? Non è forse anche questo un effetto placebo?

Significa che la mente ha più potere di quello che pensiamo? Sicuramente.

Per uno studio clinico però non è sufficiente, bisogna essere certi che quel farmaco funzionerà sempre, per tutti, indipendentemente dall'opinione del paziente.

Credo che se una cosa ti fa stare bene allora non c’è bisogno di una giustificazione medica con un “p value significativo in un doppio cieco randomizzato controllato in fase 3”, ecco.

Ma non ci si può nemmeno affidare al caso. Per lo meno non se sei in cerca di una terapia farmacologica per una patologia specifica.

Un bel rebus.

Se ne hai voglia, mi farebbe piacere sapere la tua opinione a riguardo, basta che rispondi all'email.

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